sabato 22 marzo 2014

"Non ricordo di cosa stavamo parlando."






Il sole illumina la cucina,  ti riscalda pigramente, tu dai le spalle alla finestra. Parole svogliate aleggiano nell'aria. Una di queste attira l'attenzione, focalizza l'interesse dei presenti. Non riguarda nessuno ma è un catalizzatore. Le parole diventano incalzanti, appassionate, si susseguono una dietro l'altra. Poi ti fermi. E nel momento esatto in cui smetti di parlare, la conversazione termine. No, è meglio dire che viene troncata. Non c'è una risposta, non c'è un pensiero successivo.
Silenzio.
La mente è risucchiata in qualcos'altro. Le parole hanno smosso qualche pensiero recondito. E la mente è stata portata lì di forza.
È un viaggio.
Non vale la normale concezione del tempo, di collocazione nel tempo. Passato, presente e futuro si mescolano. Reale e immaginario si confondono. Frasi dette. Fatti mai avvenuti. Desideri covati. Ciò che è stato, ciò che è, ciò che poteva essere, ciò che potrebbe essere. Persone del presente che ti rimandano a quelle che hai incontrato. E tutto è nitido e avvolgente. 
E tu sei completamente lì.
Ma tu sei seduto ancora al tavolo, in cucina, con il sole che ti riscalda pigramente la schiena.
Alzi gli occhi e incontri lo sguardo di chi ti sta davanti. E capisci che anche lui è appena tornato dal suo viaggio.

"Non ricordo di cosa stavamo parlando"

venerdì 21 marzo 2014

Dr. Jakyll e Mr. Hyde




Occhi spalancati. La stanza vuota e la mente troppo affollata per dormire.
Quando la notte porta consiglio, neanche uno sbadiglio e questo non è lo spiraglio che ti fa sentire meglio, come canta Meg.
Perchè quando di notte pensi, nel buio del tuo rifugio, nascosto da tutto e da tutti, tu ti analizzi. Analizzi la persona che sei, quello che hai fatto, cosa ti sta succedendo, come lo stai vivendo, come hai intenzione di affrontarlo. È in quel buio che vivi le guerre peggiori. Quelle che combatti con te stesso. Non esiste nemico peggiore. Non esiste persona più crudele e cruda. E non puoi negare quando ti trovi faccia a faccia con te stesso. Non puoi difenderti da te stesso. Non puoi motivare. Non puoi mentire. 
Quasi non puoi vincere. 
Ma se perdi contro te stesso, cosa ti resta da fare? 
Puoi accettare la sconfitta, crogiolarti quasi in essa. Lasciarti andare, nel disprezzo verso te stesso. È come un fiume di inchiostro nero. Ti macchia delle tue colpe e ti paralizza.

Come si esce da questo nero? Non esistono via di fuga, oppure non le vedi?
Niente panico, più ti agiti, più affondi.
Questo è un eterno scontro, tra Dr Jakyll e Mr. Hyde. Giusto contro sbagliato. Ragione contro istinto.
Il problema è che entrambi sono te.
Fai un respiro profondo, tappati le orecchie con la musica, la notte non è il momento giusto per discutere di queste cose. È troppo buio.

La notte non sempre porta consiglio, a volte porta solo quesiti. 
Mi consolo pensando che a volte è meglio una domanda interessante, che una risposta insoddisfacente.

Comportamenti sbagliati, abitudini e insoddisfazione



























A volte succede che quando qualcuno raggiunge un obiettivo, un traguardo, tu senta un pizzicore dietro il
collo, non è invidia è più un senso di delusione verso sé stessi.
A volte nella vita si confondono i traguardi altrui per quelli propri, e spendi forze ed energie a raggiungerli, ci soffri quando non ci riesci. E poi ti accorgi che non è così, che non è tuo, che non lo senti, che nonostante tutto non ti soddisfa.
Ci sono quelli che conoscono il proprio scopo ma sono ancora lì fermi all'imbocco, a guardare la strada da fare e chi invece ne è ancora alla ricerca, quelli che sono ancora in mezzo all'incrocio a guardarsi intorno confusi. Entrambi soffrono di quel pizzicore ed entrambi hanno lo stesso comportamento sbagliato.
La pigrizia mentale.
La pigrizia mentale ti trascina a fare le stesse cose per abitudine. Le stesse storie, le stesse paranoie, le stesse parole. Un circolo vizioso, solo perchè il tuo cervello rifugge le questioni pratiche, gli sforzi, la paura. E resti dove sei. Non perchè è quello che vuoi, ma perchè è la cosa più facile da fare. Ed aspetti, aspetti.
Ma cosa? Che le cose cambino da sé?
In realtà aspetti una sorta di veleno che si espande lentamente. Più il tempo passa e più agisce e più non sei capace di muoverti. E quindi finisci per accettare passivamente quell'abitudine scorretta, che invece ti ammazza adagio.
E questa morte lenta è l'insoddisfazione.

Credo che l'insoddisfazione sia non riuscire a collocarti nel disordine naturale della tua vita e non fare nulla per cambiarlo.

mercoledì 5 marzo 2014

Percezione di sé







Le ferite sono come le carie. La mente va a stuzzicarle come fa la lingua con il dente, tastando, verificando se faccia male, appurando quello che in realtà già sa. E più ci gioca e più il dolore resta a lungo. E ci sono quelle persone che hanno paura di risolvere il problema. Paura di scoprire quanto grave sia là sotto e paura che faccia troppo male. Allora tastano ripetutamente, giocano in continuazione. In realtà è che cominciano ad affezionarsi a quel dolore. A quella piccola fitta. Diventa una sorta di compagnia, un passatempo macabro per riempire gli spazi vuoti.
Ed è quello il punto. Riempire quel vuoto.
Con sé stessi.