domenica 31 agosto 2014

Mietitrici di capelli




Tutte, almeno una volta nella vita, si sono ritrovate ad incontrare sul proprio cammino un personaggio da me definito mietitrice di capelli. 
A me, che non mi faccio mancare mai nulla, è capitata anche la variante maschile, il mietitore.

Chi sono le mietitrici?
Sono quelle parrucchiere che decimano in un secondo tutti i tuoi capelli. Mesi, anni di pazienza e devozione, eliminati senza pietà. Sono quelle che non differiscono tanto da un boia, il risultato finale sarà sempre un taglio netto. E per giunta sono scaltre, tagliano più volte, di modo che quando tu chiederai "Ma quanto hai tagliato?" loro ti risponderanno col sorriso di chi si aspettava già quella mossa "Solo le punte, guarda il pavimento" e tu vedrai effettivamente solo punte, migliaia, ma pur sempre solo punte. E non potrai controbattere nulla, anche perché in quel momento non si sa come, tutti, persino tua sorella, tua madre, la tua migliore amica, non vedranno quello che tu vedi in quello specchio, ma daranno ragione alla parrucchiera dicendo che in realtà non ti ha cambiato assolutamente la lunghezza dei capelli. E tu impotente non potrai dire e fare nulla, se non pagare il conto con l'animo pesante. L'ultima immagine impressa nella mente, sarà lei che prende i soldi e ti sussurra "Scacco matto", così la ricordi. Continuerai ad odiarla anche mesi dopo, quando ti ritroverai a guardare una foto precedente a quel triste incontro e di riflesso allungherai la meno verso il punto in cui una volta avevi dei capelli, ma stringerai solo il vuoto.

Io in vita mia ne ho incontrato tanti. 
Il primo fu quello che rovinò la mia vita sociale alle medie, regalandomi un capello corto e scalato che ora che ci penso è uguale a quello che mia mamma porta attualmente, tutto questo me lo sono meritato per aver chiesto "Un taglio particolare" e quindi lui ha deciso di accontentarti regalandomi una parrucca vintage.
 Il secondo l'ho ricevuto a metà delle scuole superiori, una perla di architettura moderna interpretata dal mio allora parrucchiere, che mi ha costretto ad andare in giro per mesi portando sempre cappelli. 
Una volta ho cercato di rasarmi un lato della testa, ma la mietitrice con le sue doti ammaliatrici riuscì a farmi cambiare idea, accarezzandomi la mente con l'idea dell'ultimo taglio, mai visto prima, "Qualcosa che avrai solo tu"... Sono uscita da lì dentro con un doppio taglio spaventoso, letteralmente, sembrava che portassi una scodella in testa, da cui fuoriuscivano quasi spaventati, pochi superstiti capelli. Penso che quel giorno si sentisse annoiata e cercasse qualcuno da prendere per il culo, così da farsi due ristate.
Potrei continuare per ore, parlandovi di tagli asimmetrici, non dettati da una fantasia futuristica, quanto piuttosto da un uso incosciente delle forbici, e potrei inoltre aprire un intero capitolo sulla famosa frase "Tagliami solo le punte", che ti riduce sempre ad un caschetto ambulante. 
A riguardo, credo che si dovrebbe trovare un'unità di misura che definisca la parola "punte", credo che sia quello il problema. Per la cliente, "punte" significa un dito e mezzo, al massimo 2, voglio esagerare, la parte finale dei capelli insomma, lo dice la parola stessa, punte. 
Per le parrucchiere assume un significato profondamente personale, una cosa quasi mistica. "Eliminerò il male da questi capelli! Lo estirperò alla radice!" ecco quello che pensano quando tu dici "Ho le punte rovinate, me le tagli?"

Questo è un appello che faccio a chi, come me, ha incontrato una mietitrice di capelli. 
Non preoccupatevi se le persone intorno a voi vi puntano il dito contro accusandovi di pazzia, mania di persecuzione, visioni di cose non esistenti. 
Non abbattetevi se anche voi avete provato quella sensazione di smarrimento, quando con un sorriso vi siete voltate verso lo specchio e con calde lacrime ve ne siete allontanate.
Non sentitevi sole.
A questo mondo c'è qualcuno che vi capisce.

lunedì 18 agosto 2014

Non rispondere




Non so se vi è mai capitato di non farvi sentire con alcune persone oppure di non rispondere ai loro tentativi di mettersi in contatto con voi. Il fatto è che quelle persone ti fanno delle domande, che non sono "Sei sveglia?" "Cosa mangi oggi?" "Hai fatto la cacca?" No, loro ti fanno quel tipo di domande a cui tu non hai una risposta. Anche quando non ti chiedano nulla, è come se quella domanda aleggiasse comunque nell'aria, è implicita in ogni cosa che ti dicono.
E tu non rispondi.
Ti arriva un loro messaggio e parte la canzone che accompagna le apparizioni dello squalo nel famoso omonimo film. Ogni volta all'accendersi della loro voce è come se un riflettore si accendesse su di voi. Come se vi trovaste su un palcoscenico, al buio, difronte a voi una sala completamente vuota, eccetto per quell'unico posto in prima fila, in cui intravedi una sagoma, ma non distingui la persona, poichè la luce ti acceca.
E lì nel cerchio di luce ci sei tu.
Ti senti come se ti avessero chiesto di recitare una parte che non hai studiato, perchè non ti andava, non la sentivi tua. E quindi incespichi, dalla bocca escono parole che suonano stupide alle tue stesse orecchie. E lo sai, che in quel momento ti stai mostrando nel bel mezzo del fallimento.
Il fatto è che evito quelle persone perchè non so come rispondere alle loro domande.
Mentre quando sono solo io, su quel palcoscenico male illuminato, so perfettamente cosa dire, perchè nessuno sta leggendo il copione che ha scelto per me.
Eppure si tratta comunque solo di prove, la luce sempre spenta, nessun pubblico e il tutto si svolge per improvvisazione, non c'è una trama.
E in realtà, diciamocela tutta.
Sono anni che provo da sola eppure non sono ancora in grado di rispondere, nemmeno alle mie domande.